Il mercato di riparazione

Il mercato di riparazione
9 Gennaio 2015 scat

Marito e moglie pensionati, seduti al tavolo della cucina, ore 9.30. Il marito è perfettamente vestito per uscire, ha anche il cappotto. Il cappello è sul tavolo, tenuto in gioco da due dita nodose. La moglie è in pigiama, non ha dormito bene e si prepara ad un lavoro molto delicato tenendo ferma tra le mani una matita, puntata su un piccolo foglio bianco strappato da qualche vecchia agenda di una banca. La moglie sta mandando il marito a fare la spesa. L’operazione si presta a risvegliare antiche ruggini, ruoli di potere mai del tutto accettati, su una linea di tolleranza sottile. Nessuna tecnologia potrebbe stabilire se il pallone è tutto dentro o tocca quella linea. Di fatto, la moglie pensa e decide, poi scrive e declama a voce alta cercando di usare meno parole possibili per non confondere il marito. Questi, dal canto suo, accetta suo malgrado la funzione meramente operativa che gli è stata affidata e si limita a chiedere chiarimenti sul numero di patate (quando la moglie sceglie di essere approssimativa) o a ricordare con grande trionfo che in frigorifero ci sono ancora i finocchi e non è necessario comprarli. Tutto con il tono di voce di chi lascia intendere che quel ruolo decisionale potrebbe tranquillamente svolgerlo lui, ma lo lascia fare, per un antico tacito accordo, alla moglie distratta e non così competente come vorrebbe far credere. Il foglio, dopo ondate di malumore e nervosismo, viene compilato. Il cappello ben calzato sulla testa bianca del marito, le mani soddisfatte di ritrovare ancora una volta le proprie chiavi di casa in tasca. È tutto pronto per il mercato.

La moglie attende e, in solitudine, si lascia andare a ricette inconfessabili, condimenti esotici, fragranze uniche. Il marito è trafelato tra le bancarelle, studia i prezzi, valuta, considera, riflette. Cerca di ricordare, di tracciare un paragone tra i prezzi del giorno prima e quelli scritti adesso sui cartelli davanti ai suoi occhi, stringe forte il biglietto della moglie ma non lo tira fuori mai, perché sa che questo è il suo territorio, è qui che si valuta la sua capacità (d’altra parte mai messa in dubbio) di cacciatore. I venditori, urlando, declamano il binomio eccezionale dei propri prodotti, qualità e prezzo basso. I soldi in tasca non sono pochi, ma la moglie va soddisfatta anche in questo senso: la convenienza è il segno della lucidità del marito-operatore di mercato. È fin troppo ovvio che una zucca realmente mantovana abbia una qualità enorme, ma a quel prezzo forse si può ripiegare su altri generi di verdura meno griffati ed ugualmente appetitosi. Attraverso la soddisfazione della moglie ci si gioca anche la propria carriera di marito, pensionato ma non rintronato, ancora capace di discernere tra un mazzo di scarola lucida e fresca ed una lattuga sospetta, magari proprio perché quasi regalata da un venditore ambiguo e senza scrupoli. Attimi di smarrimento perché uno dei prodotti richiesti dalla moglie, un pezzo fortemente desiderato peraltro, sul mercato non c’è. Il marito deve trovare soluzioni alternative. A questo punto si crea il paradosso per il quale l’operatore, quando scopre di poter avere autonomia, va in confusione: tutto gli sembra appetibile e contemporaneamente una fregatura. L’errore è dietro l’angolo, nei panni di una melanzana troppo gonfia, di una rete di patate di cui non si riesce a vedere, a distanza, le condizioni di quelle che stanno sotto. Improvvisare, cercare nella memoria le proprie esperienze passate, collegandole alle reazioni della moglie, che minuto dopo minuto, appare sempre un po’ più nervosa, con lo sguardo che tende automaticamente ad incrociare le lancette implacabili dell’orologio della cucina. Non si trovano i peperoni, eppure è stagione. Vengono da fuori. Da dove? Paesi pronunciati a caso dal venditore, diversi da quelli che sono scritti sul cartello, a sua volta messo fuori posto, nello scomparto sbagliato, per aumentare il dubbio su ciò che il compratore legge e per costringere a dipendere da ciò che il venditore dice. Il marito stringe le chiavi in tasca, è ancora lui che comanda, che gestisce il denaro, che lo spende come ritiene più opportuno. Come affrontare l’assenza di peperoni? Cosa prendere al loro posto? La moglie intanto aspetta e lui lo sa. Alla fine decide di agire: compra le bietole che nessuno si aspetta. Non sono facili da lavare, non sono neanche state pagate pochissimo, ma sono buone. Il marito immagina piatti strepitosi a base di bietole, involtini, stufati, zuppe, torte salate, e vede in ogni piatto la propria energia creativa, la propria spiccata capacità di prendere decisioni lì per lì, senza timore di sbagliare. Casomai lui stesso aiuterà la moglie a lavare e preparare le bietole, che a questo punto diventano il pezzo forte della spesa. La svolta ha riempito di orgoglio e di agitazione il marito che inforca il sentiero di casa, con sacchetti pieni di frutta e verdura variopinta, petti di pollo, pane, riso e latte.

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La moglie ormai comincia ad affacciarsi al balcone, il marito non si vede ancora. Le sorge il dubbio che ci sia stato qualche intoppo, non avrà trovato qualcosa, chissà con cosa mi torna indietro: mazzi di sedano giganti che non stanno nemmeno in frigo, vaschette di pomodori di cui la metà è da buttare. Il marito entra finalmente nel campo visivo della moglie, trotterella, ha uno sguardo affaticato e grave, come al solito, ma il passo è spedito, di quelli che fanno ben sperare. Il marito sente, non si sa come, lo sguardo della moglie che lo osserva lontana, dal balcone. Sa che se alzerà la testa, lei toglierà lo sguardo istintivamente, per non dargliela vinta, magari farà finta di chiudere le doppie finestre o di spostare una piante, e tornerà rapidamente in casa. Perciò lui resta con la testa bassa e i passi svelti. Le mani non possono accedere alle tasche, ma basta il suono delle chiavi che si scontrano tra loro per rassicurare l’uomo sul fatto che sarà un ritorno a casa senza alcun ulteriore imprevisto. Ma non è così.

La moglie rientra in casa e si prepara ad aprire il portone dal citofono. Poi si ferma sulla soglia della cucina, a pochi passi dall’apparecchio che il marito sta per suonare. Se n’è dimenticato, lo sapevo. Che faccio, ormai è giù, non glielo dico. Tornerà più tardi. O magari se ne va a dormire e ci vado io direttamente. Il marito citofona, lei apre il portone senza rispondere. Strano. L’ascensore è ancora dove l’ha lasciato prima. Entra con i sacchi ed i sacchetti. A quel punto, ancora riflettendo sulle ragioni del silenzio della moglie al citofono, può finalmente cercare il biglietto nella tasca, preso da un dubbio che ancora non si è rivelato, ma strisciante e subdolo ha rovesciato la bacinella di sicurezze in cui il suo cervello rintronato era già immerso, beato ed eccitato. Sul foglietto c’è una voce a cui la moglie aveva dato poco peso, perché ovvia, naturale, basilare, e questa sensazione era stata persino condivisa da lui stesso, il quale non aveva esitato ad annuire, per una volta senza aprire bocca. Un fatto assodato: è finita l’acqua. Quella del rubinetto non va bene perché è strana, puzza. Bisogna ricorrere alle bottiglie: questa è la norma. Come ho fatto a dimenticarmene?

Come ha fatto a dimenticarsene? L’ascensore è arrivato al piano giusto. La rabbia, i nervi e il malumore riprendono a scorrere potenti nell’appartamento degli anziani coniugi. Svuotano i sacchetti, buttati freneticamente al centro del tavolo. Senza parlarsi, senza guardarsi. Frutta variopinta, pane, forse troppo pane, nel freezer non c’è spazio per congelare tutto quel pane, il latte non è parzialmente scremato. Ma soprattutto, queste cosa sono? Sono bietole. Nella totale assenza di suoni umani, la moglie constata la relativa complessità della preparazione delle bietole, il ricatto a cui è costretta a sottostare, dovendole cucinare perché tanto ormai sono state pagate. Non c’è, in fondo, perfetta sintonia tra loro, eppure entrambi hanno lavorato per il bene della squadra. Hanno ambiti, linguaggi, ruoli diversi, culture diverse, eppure entrambi vogliono mangiare, e dignitosamente. Si va a tavola alle due, quando i telegiornali sono quasi tutti finiti, perché le bietole ci vuole un po’ prima che si facciano bene.

Calciomercato

Sono assetati. Ricorrono all’acqua del rubinetto. Puzza. Dopo pranzo, il marito garantisce che tornerà a prendere l’acqua nel pomeriggio, ma prima deve andare a riposare. La moglie lava i piatti, con il volume della televisione altissimo, per dimenticare. Appena finito, si veste in silenzio e va a comprare l’acqua che manca. E già che c’è, al supermercato ci sono anche i peperoni nella vaschetta di plastica, confezionati il giorno prima. E già che c’è, prende due stecche di cioccolato, il caffè e due pantofole solo apparentemente calde.  Non servono a nessuno, ma in quel momento, accecata dai neon mesti del supermercato sotto casa, le sembra che senza proprio non si possa vivere.

Torna a casa, il marito è già in piedi che le apre la porta: ha quasi la sensazione di essere stato licenziato, ma non dice nulla al riguardo. Si limita a chiederle se ha ancora con sé le chiavi di casa e, se sì, perché avrebbe citofonato. La moglie replica seccamente che si scocciava a tirarle fuori dalla tasca, tanto sapeva che lui le avrebbe aperto portone e porta. Lei ha le chiavi ma non le usa, lui fruga ogni cinque minuti nel timore di perderle. Si affronta il resto del pomeriggio in attesa della cena, e il mattino dopo in attesa del pranzo, ed ancora ed ancora, in un continuo inseguirsi di speranze, ricerche di conferme, paure, dubbi. La moglie, che ci mette il cuore, il pensiero, la forza decisionale; il marito che ci mette la faccia, le mani, il cappotto, il cappello. Senza che mai entrambi siano davvero convinti di remare dalla stessa parte: non hanno fame e non hanno sete.