La non violenza e le feste

La non violenza e le feste
28 Marzo 2016 Daniele Tiraferri

Caro Don Felice, Mi chiamo Vito e ti scrivo da Molfetta, provincia di Bari. Fin da piccolo ho sempre amato il calcio. Negli ultimi anni però, ho notato che i telecronisti e le testate sportive usano un linguaggio molto violento durante le partite: UN MISSILE, CHE BOMBA, BUM-BUM! Che cos’è questo BUM-BUM? se non il rumore della guerra? Mi chiedo se è uno sport cristiano, quello il cui linguaggio evoca la tragedia dei MORTI AMMAZZATI nei conflitti mondiali. Fin da piccolo mamma e papà, il prete al catechismo, i miei maestri di scuola, mi hanno insegnato ad amare la pace e a gonfiare le vele di quel grande veliero che si chiama solidarietà. Ora vado, che sono in ritardo, buona giornata Don Felice, mandami un pensierino su questa faccenda, le tue parole sono un balsamo per la mia mente.

Caro Vito,
hai centrato perfettamente il punto e di questo ti ringrazio molto. Il problema non è lo sport in sé; non è solo il calcio, gli stipendi elevati, la vita dissoluta di alcuni calciatori o le bestemmie che spesso percepiamo dai labiali dei protagonisti che sono fonte di preoccupazione per la Chiesa Cattolica. Molto spesso è il linguaggio di contorno a una partita a mandare un messaggio sbagliato; dai cori beceri dei tifosi (ma sono poi tifosi questi?) che inneggiano al razzismo verso i giocatori di colore o, peggio, alla morte dei tifosi avversari, ai commenti degli stessi protagonisti che parlano di “ammazzare l’avversario”, di partite come “battaglie” oppure di “aggressione”.

Anche i giornalisti sono compartecipi di questo imbarbarimento linguistico. Non tanto con parole come “bomba” o “missile” che evocano scenari di guerra a noi tristemente vicini, ma con un’esagitazione e una foga isterica (soprattutto dei giornalisti tifosi) che sono figlie di un’esasperazione degli animi dovuta alla crescente mancanza di Cristo nelle nostre vite.  Il calcio non è violento, ma spesso, nella foga agonistica, ne viene caricato dello stesso significato simbolico, che porta alla ricerca continua della vittoria e alla drammatizzazione della sconfitta. Se vinci sei il migliore e hai tutti gli onori, se perdi sei un fallito, vieni criticato, licenziato oppure esonerato.

E allora la provocazione che faccio, dal mio umile studiolo di prete di periferia, è: per rasserenare gli animi perché non eliminare classifiche, punteggi, vittorie e sconfitte? Perché non fare in modo che il calcio ritorni al suo spirito originario di confronto, sì rude e agonistico, ma sempre corretto e votato al divertimento? Applicando al calcio uno spirito evangelico troveremmo la pace e la serenità che tanto cerchiamo nelle nostre vite. Ricordiamoci sempre che il calcio, in fondo, è un gioco!


Caro Don Felice, con l’avvento della Pasqua, che non manco mai di festeggiare gioiosamente con la mia famiglia, ritorna di attualità l’annoso scontro tra la tradizione cristiana, che desidera che la Pasqua si festeggi in pace e con il riposo, e i calendari di calcio che chiedono sempre più spazio e impongono che si giochi anche durante le festività. In Italia ancora le festività natalizie sono salve, ma temo che la spinta commerciale del calcio possa avere la meglio sulla nostra Fede. 
Tu che ne pensi?
Massimo da Genova

Caro Massimo da Genova,
già dal libro della Genesi si indica la Domenica come il giorno in cui Dio si riposò per vedere quanto aveva fatto; successivamente Dio diede a Mosè le tavole della legge in cui vi era il comandamento “Ricordati di santificare le feste”. Da 2000 anni la domenica è per noi cristiani un giorno di festa durante quale andare a messa e festeggiare con le proprie famiglie. Ciò non significa però che si debba essere anacronistici da pensare che la domenica non si possa fare niente. Molti sono costretti a lavorare e gli sportivi in generale non fanno eccezione in questo.

Diverso è il caso delle feste natalizie e pasquali, di centrale importanza per la nostra religione. In Italia, per fortuna, le festività sono rispettate e durante il Natale e la Pasqua non si gioca, ma il partito di quelli che vorrebbero giocare si ingrandisce ogni giorno che passa. Come si possono vivere le celebrazioni con la testa distratta da eventi sportivi? Ve lo immaginate il cenone di Natale interrotto da un gol o il pranzo pasquale inframezzato da highlights? Ahinoi le festività, oltre che a fortificare la nostra fede, sono uno degli ultimi momenti che ci restano per stare con la famiglia e vedere tutti i parenti e lo sport sarebbe una grande distrazione.

Gesù è nato e si è immolato per noi e chi chiede di festeggiare, cristianamente, i due momenti più importanti dell’anno. Davvero non possiamo fare a meno di qualche partita il giorno di Natale?