Gli uomini sessuali e Carlo Nesti

Gli uomini sessuali e Carlo Nesti
5 Febbraio 2016 Federico Ferrone

Don Felice, prete guerriero e calciatore, risponde alle domande dei lettori di Valderrama. Forte della sua esperienza nelle parrocchie di provincia e della sua conoscenza del calcio e dei vangeli, il Don risponde a tutti i quesiti dei calciatori in preda al dubbio, cristiani ma non solo. Per contattarlo basta scrivere a: editor@valderrama.it

Caro Don Felice,
nel campionato della mia squadra amatoriale è stata ammessa quest’anno una “squadra arcobaleno”. Lo sapevo dall’inizio del campionato, ma ho scoperto solo ora che questo significa che tutti i calciatori (e forse anche l’allenatore) sono uomini sessuali. Tu credi che sia giusto che io e i miei compagni scendiamo in campo come facciamo con le altre squadre? Hai qualche consiglio da darci su come comportarci in campo e soprattutto dopo?
Grazie
Gavio Leoni,  Trebaseleghe (Pd)

Caro Manuel, permettimi di iniziare con una sgradevole, seppure doverosa correzione: non si dice uomini sessuali, bensì omosessuali, ovvero uomini che hanno deplorevoli rapporti carnali con altri uomini. Come tu ben sai, gli insegnamenti della Bibbia condannano fortemente la sodomia (tant’è che Sodoma è stata distrutta dal Signore perché i suoi abitanti avevano abitudini bestiali) e così noi fratelli cattolici riteniamo peccaminosa tale pratica, che sia fatta da uomini o donne.

Però ricorda Luca 6,41 perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?, e solo nostro Signore può giudicare quando saremo al suo cospetto. Ma attenzione, Manuel, tieni a mente anche Luca 17,3 “se un tuo fratello pecca, rimproveralo, ma se se si pente, perdonalo”, perciò quello che ti consiglio è di incontrare la “squadra arcobaleno” e parlare con i suoi componenti. Portali in oratorio, portali in chiesa, fa ascoltare loro la parola e lascia che quel seme porti frutto. Proponi loro un bel week end di preghiera e aiutali a correggere gli errori attraverso la confessione. Pregate insieme e se loro non volessero, prega per loro. Sarebbe bello iniziare la partita con una bella preghiera tutti insieme e concluderla con un bel momento di riflessione personale, magari chiedendosi scusa vicendevolmente per i torti fatti in campo.

Per quanto riguarda il “dopo partita”, credo che tu ti riferisca al momento della doccia, in cui i corpi sono svestiti. Senza dubbio, per evitare che i ragazzi si “tocchino” o facciano altre cose peggiori, vi suggerisco di stare in mezzo a loro in modo da essere un deterrente per comportamenti sconci e indegni, vedrai che capiranno che questi atteggiamenti sono sbagliati.

Se, infine, non volessero capire che fare certe cose è sbagliato e contro natura allora non rimane nient’altro da fare che pregare affinché tornino sulla retta via e batterli sul campo, dimostrando che la nostra fede ci rende più forti: anche nel calcio.

Con affetto, 
Don Felice

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Caro Don Felice 
di recente mio fratello Sauro mi ha regalato una copia del libro “Il mio psicologo si chiama Gesù” del noto giornalista sportivo Carlo Nesti. Nella quarta di copertina egli spiega che, secondo lui, la vita umana è paragonabile a un lungo campionato nel quale Gesù è il nostro coach, il nostro mister, l’allenatore e che noi siamo i giocatori che tante volte, a centrocampo, non sentiamo la sua voce. Credi che sia un paragone accettabile? A me sembra blasfemo e irrispettoso. Peccato perché il libro è bello e scritto bene, e l’avrei letto volentieri.
Cosa devo fare?
Firma illeggibile, Cotignola (Ra)

Caro Amico,
non esitare, leggi subito il libro di Carlo Nesti! Io l’ho fatto tutto di un fiato, un sabato sera, dopo la messa prefestiva. Considero Carlo un amico e ho avuto modo di conoscerlo a un incontro del Rinnovamento dello Spirito a Milano. Lo avevo sempre conosciuto come tele e radiocronista, ma vederlo condividere con altri la propria riscoperta della Fede mi ha illuminato. Ci siamo scritti per un po’ e in seguito mi ha inviato il suo libro, con una bella dedica. La sua bella metafora di Gesù allenatore che chiama noi, i giocatori, nel frastuono dello stadio, che simboleggia la confusionaria quotidianità, è molto vera. Gesù non solo è il nostro psicologo o il nostro allenatore (leggi anche, sempre di Carlo, “Il mio allenatore si chiama Gesù”), ma è molto di più. E volendo continuare la rispettosa metafora, Dio è il presidente della nostra squadra: vuole solo vederci “vincere”. Un presidente buono, non uno Zamparini o un Lotito, ma uno che si fida del suo allenatore che indica la strada verso il successo, la vita eterna.

Non è blasfemia, caro amico, ma l’applicazione di concetti spirituali a esempi concreti, in modo che tutti possano capire. Ce ne fossero di Carlo Nesti nelle nostre aule di catechismo e nei nostri oratori: i ragazzi capirebbero al volo l’amore che Dio ha per noi!

Con affetto,
Don Felice