L’anno che verrà: Serie A 2015-16

L’anno che verrà: Serie A 2015-16
24 Agosto 2015 Federico Ferrone

I.  

La scena più bella è quella che vede i tifosi del Carpi festeggiare lo scudetto, in un campo di graminacee, mentre i corvi fremono al sole di maggio senza che questo sorprenda nessuno. Nessuno degli addetti ai lavori e nessuno degli addetti ai bar frequentati dagli addetti ai lavori, che ordinano caffè senza pagarli e senza berli. Centinaia, migliaia di tazzine vengono posate sui banconi, caffè che fumano indisturbati, mentre gli avventori distratti, disperati, fumano dentro i bar andando incontro a contravvenzioni, sanzioni penali, disciplinari, due, tre giornate di squalifica dal bar. Il feroce tintinnio dei cucchiaini seppellisce ogni polemica sui gol fantasma, ormai ridotti a fatterelli di cronaca, relegati nelle ultime pagine delle edizioni locali.

II.

Il Frosinone non ce l’ha fatta, troppe zanzare, troppi acquitrini, troppi telegiornali. La vita reale, la resistenza di Kobane, la battaglia nazista che si svolge nel cuore dell’Ucraina e la relativa ambigua posizione dei centri di potere europei, gli interessi strategici e militari in Libia, il razzismo dilagante, lo svuotamento dei valori della scuola pubblica hanno distratto l’allenatore Stellone e i suoi ragazzi dal loro lavoro.

Avrebbero dovuto prenderlo sul serio, allenarsi, giocare a viso aperto contro tutti. E invece sin dalla prima domenica hanno iniziato a snobbare il rettangolo di gioco. Entravano in campo svogliati, svagati, con la testa altrove, alcuni con il telefono in mano, molti chiedevano anche un cambio per potersi sedere in panchina e leggere il proprio giornale. Stellone si sgolava, amareggiato, dicendo che “no, ragazzi, più di tre non si può, sono le regole”. I suoi ragazzi passavano la settimana a informarsi,  partecipando a incontri e dibattiti. E hanno perso per un punto lo scudetto.

In realtà, hanno perso solo un punto. Ma era il punto-scudetto, sancito improvvisamente dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio ad aprile, per decidere la vittoria del campionato. L’invenzione dei dirigenti federali era piaciuta a tutti, uomini e donne. Basta classifiche, domenica si gioca Carpi-Frosinone all’aperto, ai Giardini Margherita di Bologna. Chi vince ottiene il punto scudetto. E a maggio si festeggia.

Ma il Frosinone e tutta la città di Frosinone erano troppo impegnati a ritenere ingiusto il trattamento che la Turchia riserva ai Curdi. Il Medio Oriente ormai è un argomento superato, perché il nuovo scacchiere geopolitico richiede una maggiore capacità di analisi, una più ampia critica…”che non è qui la sede di approfondire”, apostrofano bonariamente i vertici della FIGC, osservando tuttavia compiaciuti l’accrescimento della consapevolezza sociale e politica dei calciatori e dei tifosi nei confronti della vita reale. Le riforme hanno funzionato. Il calcio ora non è più un luogo malato, non è più l’oppio dei popoli, non è più qualcosa di cui di fatto ci si dovrebbe vergognare.

Andrea Masiello, dopo aver scontato la sua squalifica per aver truccato un risultato, è diventato un uomo buono, capace di fare del bene. C’è tanta voglia di fare bene. La si sente dovunque. Però un po’ a pallone bisogna giocare, questa è la posizione della dirigenza FIGC. In fondo, non si può vivere di sola realtà. “I calciatori sono pagati miliardi, dovrebbero fare il loro lavoro.”, ammonisce spesso la politica, di destra e di sinistra. E la Chiesa predica il valore della voglia di vincere, senza che nessuno però debba perdere. È la grande rivoluzione della nuova Chiesa cattolica, milioni di tesserati, stadi nuovi, un merchandising oltre ogni immaginazione. Eppure sobrio lo stile, semplici i modi, schiette le parole, dritte al cuore, come un bolide di Long John Chinaglia.

frosinone

III.

I tifosi della Juventus si sono riversati tutti a Roma, quelli della Roma tutti a Napoli, quelli del Napoli tutti a Torino, per festeggiare la retrocessione di Juventus, Roma e Napoli, ogni tifoseria con violenti cori ai danni degli omologhi rivali. Sono tutti retrocessi, senza un motivo preciso. La moviola non ha chiarito. Acquisti sbagliati, cessioni sbagliate, errori di valutazione dei dirigenti, penuria dei giocatori, scarsa voglia di uscire la sera, film non eccezionali, forse un po’ di pigrizia, quella strana maledizione che distrugge le coppie quando si danno i sentimenti troppo per scontati. E poi certamente gli impegni europei, le feste, le serate mondane, i complimenti dei corteggiatori.

Fatto sta che un presidente si è lanciato dalla finestra dell’ottantesimo piano del suo ufficio planando con eleganza sul seggiolino di uno scooter guidato da un tifoso. Senza casco, ha urlato di voler tornare a fare il cinema. La parola “cinema”, distorta in una smorfia di disgusto, disprezzo, imbarazzo, dolore, è stata immortalata da tutte le tv ed è rimbalzata nelle case degli italiani all’estero.

Gli scontri tra i tifosi non mancano, ma si svolgono sotto le telecamere, piazzate dappertutto. Dirette ventiquattro ore su ventiquattro e processi per direttissima diventano i programmi più seguiti. Impallidiscono i malinconici collegamenti svolti negli spogliatoi prima delle partite, immersi in silenzi imbarazzanti, che mostravano la pochezza degli uomini inquadrati, lo squallore degli armadietti, la vanità dei colori sociali, e lasciavano immaginare l’odore di gomma e di dopobarba. Uomini soli che guardano uomini soli.

Gli scontri, invece, provocano indignazione, rabbia, dolore, suscitano l’interesse dei più svogliati tra gli intellettuali. Michele Serra è costretto a scrivere moltissime commedie brillanti sull’attualità, Beppe Severgnini si dissocia da tutto e da tutti e lo fa con un’irruenza che spettina le coscienze. Persino il celebre Saviano, interpellato sulla questione tifosi, chiede di diminuire il livello di tensione e di aumentare quello di intenzione. Nelle parole di tutti si racchiude un significato profondo, un invito ora galante, ora minaccioso a farsi raggiungere, non visti dalla propria moglie, in un appartamento con aria condizionata nel cuore della serie B.

IV.

Sì, la serie B. La serie B trasformata da un’equipe di giovani tecnici quarantenni, ingegneri, avvocati, ricercatori universitari in un grande contenitore a 66 squadre, che giocano ogni quattro anni, con l’obbligo di un organico di non oltre 11 giocatori (il dodicesimo uomo è il pubblico, anzi è tra il pubblico, basta saper scegliere: per questo ci sono i direttori sportivi, con gli occhi puntati sugli spalti per distinguere il tifoso più atletico, il petto più tatuato, il cuore più pulsante, la scoperta da inserire nel secondo tempo per cambiare il risultato o semplicemente la propria vita sentimentale). In serie B Juventus, Roma e Napoli impareranno a vivere di stenti, a cibarsi di bacche e radici, a distinguere tra il bene e il male. Perderanno il loro nome, si chiameranno con un numero, squadra 32, squadra 31, perderanno i loro giocatori, che dovranno sostenere un concorso pubblico per meritarsi la loro presenza nella graduatoria dei calciatori. Quaranta domande di cultura generale, quaranta palleggi col destro, quaranta col sinistro e poi quaranta giorni in un deserto a resistere alle tentazioni della carne, del denaro, della vita comoda. La Fiorentina si è salvata per miracolo grazie ad un tranello, un piccolo buco nel regolamento, una sentenza del TAR di Ascoli Piceno secondo il quale chi aveva un giocatore disabile nel proprio organico avrebbe avuto delle facilitazioni, strumenti compensativi e dispensativi. La partita decisiva contro la Juventus è stata vinta dagli avvocati della società, gente onesta che si è pagata gli studi lavorando nelle rosticcerie e nelle tabaccherie. Niente colletti bianchi, ma volti puliti, finalmente.

sampdoria

V.

Milan e Inter, dissociatesi dall’Unione Europea, si sono impegnate in uno sfiancante ma spettacolare torneo in cui si sono sfidate per un anno ogni domenica. Il pubblico, selezionatissimo, scelto tramite inviti personalizzati, condivide San Siro con tutti gli inviati della Gazzetta dello Sport. Pagelle, voti, violentissime polemiche intorno al fantacalcio. I giornalisti entrano in campo a fine partita e rispondono al pubblico intero dei loro giudizi. Per alcuni c’è anche il rischio di un linciaggio. Una domenica a San Siro, durante l’ennesimo derby finito 1-1 con gol di due ragazzi del vivaio, alcuni tifosi incappucciati e vestiti di bianco, con il volto velato, hanno chiesto ai giornalisti di togliersi le magliette perché indegni di giudicare la qualità del gioco dei portieri delle due squadre. I giornalisti si sono spogliati per calmare la folla, ma hanno risposto che loro avevano il diritto e il dovere di giudicare anche i portieri. Ai tifosi non è andata giù e con grande violenza sono usciti tutti dallo stadio e sono tornati a casa, lasciando i giornalisti nudi sul campo, tra i fili d’erba umidi e la voglia di abbandonare alle proprie spalle ogni dolore, ogni paura. La musichetta, vorrebbero sentire la musichetta della Champions League. Ma è troppo tardi.

VI. 

L’Olimpico di Roma, per troppo tempo inutilizzato per l’assenza di avversarie, è stato trasformato in un tempio greco in cui si inscenano tragedie di Sofocle interpretate dal sempreverde Miroslav Klose con una maschera neutra che raffigura il proprio viso (e che amplifica così naturalmente il suono della sua voce). Gli allestimenti sono stati molto curati, le luci accecanti, l’equilibrio drammaturgico sofocleo perennemente sfidato da convenzioni teatrali, giocate con il gusto del corpo e della provocazione. L’urgenza di Klose, che ha difeso il pallone con la consueta esperienza per tutta la stagione, si è sentita soprattutto nell’Edipo Re. La cecità e il sonno della ragione sono state raccontate con una sensibilità ingenua e vergine dal trentasettenne attaccante tedesco.

VII. 

La città di Verona celebra finalmente lo scioglimento del ChievoVerona tramite una meravigliosa mostra: una storia a fumetti della favola Chievo, davanti alla quale pullman di bambini di tutto il mondo si commuovono, ridono e scherzano, animati dallo spiritoso e storico presidente Campedelli. Fuori da quel ricco quartiere, nel resto della città commuovono invece le sorti dell’Hellas Verona che decide a dicembre di ritirare la squadra e di allestire a metà campo un ristorante, tappezzato di targhe a Toni e, più in piccolo, a Pazzini, testimoni di nozze, amici, mai gelosi l’uno dell’altro, fedeli monumenti del ruolo del centravanti, brave persone e buone, anzi buonissime, forchette.

Inutile insistere, basta stare dentro i bilanci, diversificare l’offerta, puntare sulla qualità del cibo anziché sui lanci lunghi. Si può fare e la cosa infatti funziona. Il vivaio sforna torte anziché giovani, i magazzinieri compilano tabelle, di notte, con i volti eccitati e illuminati dai telefonini.

genoa

Statistiche:
La classifica finale, redatta già durante lo svolgimento della prima giornata di campionato recita così:
1. Carpi 1
2. Frosinone 0 (ma ha molte altre qualità)
3-16 altre squadre (tra cui, per esempio, l’Atalanta)
17- Fiorentina (salvata per miracolo grazie a un buco del regolamento)
18-19-20 Juventus(Roma)-Napoli(Torino)-Roma(Napoli)

Classifica marcatori:
Di Natale

Classifica Genoa:
1. Genoa

Classifica Sampdoria:
1. Sampdoria

Classifica avulsa.