Il Galles agli europei: la maledizione dei celti

Il Galles agli europei: la maledizione dei celti
16 Maggio 2016 Damiano Cason

Nel libro bianco di Rhydderch si narra dell’unica e lontanissima partecipazione del Galles a un trofeo internazionale ufficiale: i Mondiali del 1958 in Svezia. In quell’epoca lontana regnava un grande condottiero descritto spesso con le fattezze di un gigante, John Charles, il primo degli dei gallesi. Le sue gesta possono essere ricondotte a quelle di Bran il benedetto, probabilmente figlio di Re Lear. Egli concedette in sposa sua sorella Branwen a Matholwch, re d’Irlanda, in segno d’amicizia. Tuttavia Efnisien, fratellastro di Branwen e Bran, si infuriò per non essere stato avvisato e sfigurò i cavalli di Matholwch, il quale venne ripagato da Bran con il Pair Dadeni, un calderone magico in grado di riportare in vita i morti. Quando le divergenze sembrarono appianate, Bran ricevette una richiesta d’aiuto da parte della sorella, la quale, costretta ad essere schiaffeggiata ogni giorno dal macellaio, veniva vessata dai nobili che non gradivano una regina straniera in terra d’Irlanda. Bran radunò la flotta e attraversò il mare a piedi, venendo scambiato per una montagna. Temendo il gigante, Matholwch cedette il trono al figlio Gwern e costruì una casa a misura di Bran. I nobili irlandesi, contrari alla pace, cercarono di assassinare Bran nella nuova casa nascondendosi in sacchi di farina, ma vennero anticipati e sterminati nei loro nascondigli da Efnisien. Quest’ultimo, non contento, gettò nel fuoco suo nipote Gwern durante un banchetto, scatenando finalmente la guerra. Gli irlandesi erano nettamente avvantaggiati dal Pair Dadeni, che continuava a riportare in vita in eterno i combattenti morti, i quali riprendevano la battaglia come se nulla fosse pur avendo perso la facoltà della parola. Queste furono le gesta di Bran nell’unica edizione dei mondiali cui parteciparono sia il Galles che l’Irlanda del Nord, due delle Home Nations che inventarono le regole del calcio, tutte presenti in quell’unica leggendaria circostanza.

Alla fine i gallesi vinsero grazie all’esplosione del calderone causata da Efnisien. In realtà gallesi e irlandesi, al di fuori della britannia, non si incontrarono mai. Bran morì per una freccia avvelenata al piede e i sopravvissuti della guerra furono solamente sette uomini:
John Toshack (Liverpool: 3 Campionati inglesi, 1 Coppa d’Inghilterra, 3 Charity Chield, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Uefa, 1 Supercoppa Uefa)
Gary Speed (Leeds: 1 Campionato inglese, 1 Community Shield)
Ian Rush (Liverpool: 6 Charity Shield, 5 Coppe di Lega, 5 Campionati inglesi, 3 Coppe d’Inghilterra, 2 Coppe dei Campioni)
Vinnie Jones (Wimbledon: 1 Coppa d’Inghilterra, Lock & Stock, Fuori in 60 secondi, Snatch)
Ryan Giggs (Manchester United: 4 Coppe di Lega, 13 Campionati inglesi, 10 Community Shield, 4 Coppe d’Inghilterra, 1 Coppa delle Coppe, 2 Champions League, 1 Supercoppa Uefa, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa del mondo per club)
Mark Hughes (Manchester United/Chelsea: 2 Campionati inglesi, 4 Coppe d’Inghilterra, 3 Coppe di Lega, 3 Charity Shield, 2 Coppe delle Coppe, 1 Supercoppa Uefa)
Craig Bellamy (Liverpool: 1 Community Shield, 1 Coppa di Lega, aggressione a due donne, rissa con mazza da golf con John Arne Riise, rissa con un invasore di campo)

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I sette superstiti per sette anni vissero intrattenuti dalle storie raccontate dalla testa di Bran-John Charles, che continuava a parlare nonostante la morte, nutrendosi della cacciagione recuperata da Vinnie Jones. In seguito i sette si spostarono in un castello incantato nel quale non percepivano lo scorrere del tempo. Senza che se ne accorgessero le altre Home Nations, eccetto l’Irlanda del Nord, giocarono mondiali a ripetizione. Dopo decenni, Gary Speed aprì la porta e quel che vide fu ancora la disperazione della Cornovaglia per tutto ciò che era accaduto, portandolo al suicidio. Lo trovò senza vita la moglie il 27 Novembre del 2011 quando sedeva sulla panchina del proprio paese. Dopo tanto dolore, su ordine della testa parlante di Bran-Charles, ormai divenuta muta, seppellirono la stessa nel luogo in cui sorge la Torre di Londra, rivolta verso la Francia, probabilmente proprio volgendo lo sguardo agli Europei del 2016. È la stessa testa parlante di Bran-John Charles, riacquisita la parola per lo stupore alla vista in Francia addirittura non di un’Irlanda ma due, a raccontare questa storia.

 “In verità il luogo in cui mi recai non fu la terra verde d’Irlanda, che in quegli anni non incontrammo, ma la terra promessa di Palestina. Un luogo lontano dai domini dei re di Britannia, tanto lontano che per sicurezza di andammo con i caccia bombardieri e i paracadutisti. Era la Crisi di Suez. Egitto e Sudan si erano rifiutate di affrontare Israele nelle partite di qualificazione ai mondiali, così la FIFA, un organo politico che consideravamo privo di moralità e che a nessun britannico era mai stato simpatico, assegnò agli israeliani tre punti a tavolino per quelle partite. Tuttavia, non avendo giocato alcuna partita per poter volare in Svezia, la FIFA li costrinse a uno spareggio contro di noi, che eravamo arrivati secondi nel nostro girone dietro la Cecoslovacchia comunista. La stessa che aveva appena venduto carri armati all’Egitto. Impartimmo agli israeliani una severa lezione per aver invaso il Sinai, rimandando di altri 12 anni la loro prima e unica partecipazione ai mondiali. Una lezione che non seppero impartir loro né Nasser, né la Conferenza di Bandung.

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A questo punto un giovane ascoltatore della storia, probabilmente fermatosi durante il tragitto a White Hart Lane per un saluto veloce ai suoi vecchi compagni, interrompe con sfrontatezza e ingenuità la testa parlante: “Bran-John Charles, il tuo nome non mi è nuovo. A scuola, anni fa, ricordo il tuo nome in un certo Libro Rosso di Hergest: ha forse questo a che fare con quella cosa che chiami comunista? So che il Sinai è una montagna sacra come lo sei tu, ma che cos’è Bandung, un goleador di quell’edizione dei Mondiali? Che fine fece la nostra comune patria?”.

Giovane e muscoloso Gareth, io conosco il tuo nome e la tua fama, le casse della Britannia non sono mai state così floride grazie a te. Tuttavia le domande che poni sono grette e prive di senso del dovere. Eccetto l’ultima esse non meritano risposta, il tuo compito è quello di salpare per la Francia e vendicare ciò che successe durante quel Mondiale. Il Galles giocò bene e superò il turno, tuttavia ai quarti di finale col Brasile, una partita che io non giocai, fummo sconfitti dal gol di un ragazzino che sosteneva di avere cinquemila anni e aver segnato cinquemila gol in carriera. Di nessuna delle sue affermazioni esiste tuttora prova, compreso il fatto che si chiamasse Pelé. Da quel momento in poi, la maledizione dei celti ha colpito il nostro popolo, tingendo di rosso per la vergogna le guance di tutti i gallesi, eccetto quelle dei sette superstiti, costretti per decenni ad essere grandi condottieri di un popolo senza più gloria”.

Allora il giovane Gareth, designato dalla testa parlante, passò ore di studio febbricitante immerso in documenti antichissimi che riportano storia e leggenda in egual misura. Ma una cosa gli balenò come un monito: i sette eroi condottieri erano rimasti chiusi nel castello e non avevano più vinto alcun trofeo internazionale, fatta eccezione per due edizioni dell’Home British Championship, entrambe ex aequo. Il torneo radunava le quattro federazioni dell’IFAB, l’organo fondatore delle leggi eterne del calcio. Tra il viaggio di Bran e il risveglio della testa parlante passarono il dissidio con la FIFA e la separazione delle due Irlande. Ma per il Galles, poco era cambiato. Grandi uomini, campioni del proprio tempo, costretti a trainare il carro di pietra di un esercito senza velleità, corroso dal sole e dal caldo. Gli sovviene dunque alla mente quella “maledizione dei celti” di cui ha parlato la testa.

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Avicenna fu il primo a descrivere la rosacea, ossia il rossore sulle gote. Ma fu Guglielmo da Saliceto a mettere in relazione tale manifestazione all’utilizzo di alcol, utilizzando per definirla alcuni nomi di vini Bordeaux. Mentre il medico portoghese Zacuto Lusitano propose l’applicazione di sanguisughe sul viso del paziente, alcuni medici gallesi, i fisici di Myddfai, cominciarono a curarla con le erbe e le piante presenti in natura. Tale pratica si accordava con la Dottrina delle Firme di Paracelso, la quale sosteneva che Dio aveva lasciato un segno particolare in ogni essere presente sul pianeta, e dunque ogni pianta presentava un segno della sua funzione. I preparati dei fisici di Myddfai giunsero fino ai nostri giorni grazie alla trascrizione nel Libro Rosso di Hergest. A questo punto della ricerca Gareth ebbe un sussulto. Di nuovo il rosso, di nuovo Hergest. Gli venne il dubbio che la testa parlante non sapesse tutto, essendo stata per anni con la sola compagnia dei sette sopravvissuti. Non sapesse ad esempio di altri grandi come Billy Meredith o Trevor Ford, avesse rimosso per prossimità Ivor Allchurch e Cliff Jones, avesse taciuto nel momento d’oro di Neville Southall.

Ma Gareth non sapeva che significasse tutto ciò. Che importava se Bran-John aveva dimenticato che oltre alle navi che salparono per salvare Branwen, altri guerrieri erano rimasti a difendere la Cornovaglia? Qual è il significato della rivelazione? Poi, mentre si sistemava il cerchietto in un bagno chimico con le mani sporche di urina, l’illuminazione. Non doveva più essere così, non sarebbe stato più così. Il grande condottiero doveva avere soldati valorosi. Se il Galles era agli europei, significava che la maledizione dei celti era caduta. Non più un uomo solo con un popolo d’ignavi. Pochi metri dietro di lui, a volte addirittura al suo fianco, due luogotenenti giovani e dai piedi d’oro, un metallo che non può essere scalfito da frecce velenose letali. Aaron Ramsey e Joe Allen. E una profezia nel cognome di Andy King, appena divenuto re di tutta la Britannia con il Leicester. La guerra, pensava un Gareth Bale finalmente maturo, si vinceva a centrocampo.