Una cartolina da Braga

Una cartolina da Braga
23 Febbraio 2015 Michele Manzolini

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera di un nostro lettore da Braga.

Nei tempi in cui amavo il calcio (ora odio il calcio) avevo letto che originariamente, nella metà del secolo XIX in Inghilterra, il passaggio non faceva parte del gioco. I giocatori si raggruppavano e correvano con la palla gli uni contro gli altri, ovviamente disorganizzati tra scontri corporali e lunghi lanci in avanti. Sarebbero stati gli scozzesi i primi a fare del passaggio corto una pratica corrente e ad essere (ri)conosciuti per tale cosa. Pratica che fu subito mal vista dagli inglesi. L’uso della tecnica con la palla al posto dell’irruenza fisica dello scontro era visto come una mancanza di virilità imperdonabile. Sembra che la fama inglese della “palla lunga e pedalare” sia nata a quei tempi.

Con gli anni, l’evidenza del successo del passaggio divenne chiara nei risultati delle squadre che giocavano in tale modo e cominciò ad essere messo in pratica da altre squadre europee. Per quanto riguarda le posizioni in campo, era molto usato il 2-3-5, la “piramide inversa”, che immagino fosse un omaggio al popolo egiziano e alla sua grande civiltà. La gente del calcio fa molti di questi omaggi.

Nei tempi in cui amavo il calcio (ora odio il calcio), leggevo molto sulla tattica. Mi piaceva pensare che il gioco fosse come una partita a scacchi, nella quale qualcuno può muovere le pedine e prendere decisioni che influenzano lo sviluppo del gioco. Più mi immergevo nella teoria, più realizzavo che aveva un lessico proprio. Un nuovo vocabolario con parole, parolacce, espressioni relative alla disposizione in campo, movimenti e azioni. Il mondo nuovo. Esistono già circa settemila lingue e gli uomini riescono sempre a crearne di nuove.

Voglio scrivervi alcune delle espressioni che ho raccolto nel corso del tempo e che mi ricordo ancora oggi. Alcune sono meramente tecniche, altre sono analogie che escono dal dominio del gioco e vengono capite solo se contestualizzate nella cultura di provenienza. “L’accordatore di piano”, per darvene un esempio, è un’espressione usata in Portogallo per descrivere il giocatore che gioca al centro davanti alla difesa. L’immagine richiama subito un’idea di bravura e accuratezza, che sono delle caratteristiche tradizionalmente associate a chi gioca in quella zona di campo.

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Possiamo simulare una partita:

Fischio Inizale:

Difesa a tre, quattro o cinque?
Marcatura a uomo? O a zona?
Coperture, corridoi laterali, fluidificanti.

Liberi, giocatori con libertà di azione, coppie di centrali.
La palla sale dalla difesa.
Palla lunga.
Difesa in linea. Pressione bassa. Pressione alta.

Tiki-Taka, Milli-Vanilli, Tutti-Frutti.

Punta, centravanti mobile.
Falso nove, “Accordatore di piano”.
Giocatore tra le linee. Centrocampo a diamante.
Centrocampo in madreperla.

Tattica a piramide. Piramide inversa.
Proteggere l’angolo. Cercare le fasce. Accentrarsi. Defilarsi.
Respirare.

Disciplina tattica. Tecnica sopra la media. Fantasista.
Il giocatore è un “falso lento”.
Il giocatore gioca spalle alla porta.
Il giocatore è all’apice della forma.

Intervallo

Stato di forma. Piano di allenamento.
Cicli, micro cicli. Motivazione. Gestione del gruppo.
Ottimizzare le risorse. 4-3-3. 5-3-2.
11, un numero imperfetto. Rettangolo di gioco.

Educare il giocatore. Cultura tattica.
Periodo di ambientamento. Senso della posizione.
Ambientamento-compitino-esplosione.

Spazi alle spalle dei difensori.
Stop a seguire.

Fischio Finale.

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Prima che gli scozzesi passassero la palla, il gioco era molto più semplice. Oggi si studia il calcio perfino nelle università, ci sono appunti e una letteratura specifica. Con bibliografia, citazioni e riferimenti. Ci sono fogli di calcolo Excel con analisi di squadre. C’è chi dice che, in fondo, il più famoso gioco manageriale per computer non è altro che uno scontro tra due fogli Excel, e probabilmente è vero. E se ci pensate un poco, se ne va metà della fantasia.

Nei tempi in cui amavo il calcio, sapevo sempre a che ora giocava la mia squadra nel fine settimana. Ora odio il calcio, non voglio saperne più niente. Sono stufo dell’alienazione. E di alzare bandiere immaginarie. Tuttavia, ma solo per precauzione, ho sempre nel taschino un biglietto per la prossima partita: non si sa mai quando avrò una ricaduta.

Lettera firmata.

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