Gianni Infantino, il ruggito del burocrate

Gianni Infantino, il ruggito del burocrate
26 Febbraio 2016 Federico Ferrone

Si, è vero. Gianni Infantino, il futuro presidente della Fifa se si deve dare ascolto alle previsioni della vigilia, è un burocrate. Uno che ha fatto il grosso della sua carriera all’interno di un’unica organizzazione (Uefa), fedele alleato dell’uomo forte del momento. Nel suo caso, Michel Platini, col quale ha diligentemente operato, prima nell’ombra, poi da segretario generale a partire dal 2009, infine come sostituto in pectore dopo la sospensione che ha fatto fuori il francese dalla corsa alla poltrona Fifa. Come molti colleghi burocrati, Infantino è figlio di umile famiglia. Da giovane, appena può lo ribadisce, puliva i wagon lits, poi è diventato avvocato. E ora guardatelo, che carriera ha fatto.

Fedele alla linea, passaporto svizzero e maniere impeccabili, Infantino è naturalmente poliglotta: francese, tedesco, inglese, spagnolo, persino arabo, come riportano alcuni articoli. Dai filmati in rete emerge solo un’intervista alla tv algerina in cui pronuncia un deciso shukran (grazie) prima di fare pressione all’interlocutore perché si esprima in francese, ma non c’è motivo di dubitare delle sue doti. E poi c’è naturalmente l’italiano, la lingua dei genitori. Della Val Camonica la madre, da cui ha ereditato la passione per la pasta (“mangerei pasta tutti i giorni, con ogni sugo possibile e immaginabile. Come la cucina mia mamma, non la fa nessuno. Ho passato il vizio ai miei figli”). Il padre, edicolante a Briga, nel canton Vallese, è originario di Reggio Calabria. Un legame mai reciso e anzi costantemente rinfocolato, quello con la città calabrese per Infantino, dove possiede una casa in riva al mare e dove, nel 2006  è stato insignito del “San Giorgio d’Oro” dall’allora sindaco Scopelliti, prima che questi  fosse condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al pagamento di una provvisionale di 120 000 euro.

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Ma di questo, ovviamente, Infantino non ha colpa. Lui non dice mai niente di sbagliato, mai una parola fuori posto, mai un’accusa gratuita, o meglio sì, ma sempre generiche, senza mai fare nomi. Anche perché Infantino sarà un uomo d’ordine, ma non è un grigio tecnocrate come quelli di Bruxelles. Lui per anni ha animato i sorteggi dell’Uefa, accanto ai campioni del presente e del passato. Sa cos’è lo spettacolo e nella sua Fifa ci sarà sempre spazio per il divertimento, purché sano.

Gli ingenui si domandano come un uomo di potere possa essere passato indenne attraverso gli scandali e il marciume che hanno funestato il calcio mondiale negli ultimi anni. Lui vi risponderebbe che l’Uefa non va confusa con la Fifa e che il segreto è nella triade “democrazia, amministrazione seria, professionalità”. Di che far sognare. Altri vi direbbero che anche Giuliano Amato era il numero due del Partito Socialista Italiano ed è riuscito a fare una carriera prestigiosa e più che ventennale dopo Mani Pulite. Altri ancora, più semplicemente, che infatti non è passato affatto indenne, solo che le colpe se l’è prese tutte il suo capo, Platini, che infatti è stato sospeso e che ora lo comanda da dietro le quinte.

Sempre più forte, però, s’insinua il sospetto che Infantino non sia solo un gregario catapultato sul palcoscenico, ma qualcosa di più. Certo non è lo sceicco Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa. Non ha i suoi soldi, i suoi vestiti, il suo curriculum di uomo forte, i suoi crimini contro l’umanità alle spalle né i voti delle 54 federazioni africane. E non ha neanche il carisma e la poderosa aura sessuale di Tokyo Sex Whale, che pare però definitivamente fuori dai giochi. Ma lo svizzero sa fiutare l’aria del tempo, facendo valere i legami intessuti in anni di vicariato all’Uefa e promettendo di allargare il Mondiale a 40 squadre, praticamente tutte quelle esistenti al mondo.

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Insomma Gianni Infantino non sembra il classico burocrate. Forse lo è stato, ma non lo è più. “Non sono il pupazzo di nessuno” ha chiarito alla stampa, che lo aveva definito anche “un piano B”. Ormai è proprio un politico di razza. E se dovesse finire per allearsi con Salman e spartirsi con lui presidenza e vicepresidenza, come alcuni vociferano e come sarebbe lecito aspettarsi dal più marcio degli ambienti sportivi contemporanei, i due assieme potrebbero rivelarsi più figli di puttana di qualsiasi figlio di puttana.

Ma ecco cosa pensa di Gianni Infantino il più grande ambasciatore mondiale del calcio, Edson Arantes do Nascimento, per tutti Pelé: 

“Non credo che ci sarà mai un nuovo Blatter. O un Platini. Ora si leggono e si dicono tante cose non belle, ma è evidente che una persona esperta sia più efficace di una persona inesperta. E per questo Pelè – che ha stretto la mano a milioni di persone felici di sfiorargliela – sostiene senza alcuna esitazione, in piena consapevolezza, chi ha lavorato così a stretto contatto con Michel Platini, un’altra persona che, sembra, ha commesso degli errori e sta pagando, ma che ha certamente migliorato il calcio mondiale, come dicono i dati, unico antidoto contro il veleno dell’invidia e dei sentimenti sgradevoli. Persona attenta alle mie problematiche e alla mia vita, molto interessato a me e ai gol che ho segnato, si è sempre distinto per aver amato il calcio – come me – ed è a quanto pare, bontà sua, un mio grande ammiratore.

Mentre ero in ospedale per un’operazione – sto bene ora! – Platini ha detto che io ero il giocatore più forte di tutti  i tempi. Lo ringrazio, per il pensiero e per la delicatezza. E ricambio, anche lui secondo me era il giocatore più forte di tutti i tempi – ma è modesto, non accetterà mai questo regalo – comunque è molto più forte di Messi e Ronaldo, anche se meno di me, per ovvie ragioni.

Per l’amicizia che ci lega, per la convinzione che il mondo del calcio  non sia ancora del tutto compromesso, perché lo sport – di cui sono stato ministro in Brasile – sia davvero un faro che illumina quest’avventura, per tutte queste ragioni insieme io – Pelè – devo fare un nome, il mio candidato preferito, Jerome Champagne.

E’ facile immaginare un futuro del calcio quando si parla con Jerome.

Non è così facile farlo quando non si parla con Jerome, o se ne parla poco e se ne parla con altri di cui non faccio uleriori nomi, (Pelè non porta rancore, ma chi vuole capire capisca).

Ciao Jerome, ti auguro di diventare Presidente della FIFA o dell’UEFA o delle due insieme o di ciò che più ti piace.

Vediamoci più spesso.
Con affetto,

Pelè.