Crisi inglese o crisi delle “giubbe rosse”?

Crisi inglese o crisi delle “giubbe rosse”?
8 Maggio 2015 Damiano Cason

La vittoria della Premier se l’è già presa il Chelsea. Restano aperte ben poche questioni: la più grande è relativa a chi otterrà il quarto posto e accedere alla Champions League. Quando il City, che fino a poco tempo fa era l’unica squadra che sembrava legittimata a contendere il titolo al Chelsea, ha avuto un crollo verticale a primavera, sembrava deputato a giocarsi il quarto posto con il rinato Liverpool. Invece Van Gaal, che di moduli quest’anno ne ha cambiati un bel po’, è caduto di nuovo quando sembrava aver trovato quello giusto. 0-1 a Old Trafford contro il West Bromwich Albion che ha ipotecato una salvezza abbastanza tranquilla. E allora le ultime tre giornate potevano diventare un incubo per lo United, con il Liverpool che incalzava a soli quattro punti, nonostante abbia sprecato la chance di avvicinarsi ancora di più perdendo un recupero facile. Per entrambe le squadre, acerrime rivali da sempre e le due più titolate del calcio inglese e tra le migliori al mondo, uscire dalla Champions sarebbe un duro colpo al processo di rifondazione che entrambe, con tempi diversi, stanno attraversando.

Lo United dopo l’addio di Ferguson ha attraversato un’annata disastrosa e ha cercato immediatamente il riscatto versando suon di milioni per un mercato che è sembrato (e continua a sembrare) completamente folle dal punto di vista tattico. Il Liverpool, dopo la grave crisi di qualche anno fa, l’anno scorso è andato vicino alla vittoria della Premier (persa solo per quello scivolone di Gerrard) ma ha perso Suarez e ha preferito reinvestire i soldi per un progetto più a lungo termine ringiovanendo la squadra. I due diversi atteggiamenti hanno portato solo quattro punti di differenza che sarebbero costati più caro allo United che alla squadra di Brendan Rodgers. Ma con il pareggio a Stamford Bridge il caso è chiuso, lo United sarà ai preliminari. In ogni caso entrambe quest’anno porteranno a casa zero trofei, e la cosa è piuttosto insolita: era dal 1972 che non accadeva che nessuna di queste due squadre vincesse un trofeo inglese o internazionale!

George-Best

L’Arsenal ha vissuto una stagione anonima. Partenza sull’altalena, poi il rallentamento in campionato e la clamorosa eliminazione dalla Champions con il Monaco. Infine ha cominciato a volare, ed ora si trova al secondo posto alla pari col City ma con una partita da recuperare. Non si gioca niente perché, anche perdendo il recupero, il vantaggio sul Liverpool è di nove punti e gli scontri diretti sono a favore. Potrebbe solo essere declassata ai preliminari, il che comunque vorrebbe dire fare un bel pasticcio poiché la squadra sembra nel suo momento migliore. A differenza di United e Liverpool però, la terza squadra inglese per importanza storica può portare a casa un titolo vincendo la finale di FA Cup (che in Inghilterra ha un’importanza tutta sua).

Dunque i giochi sono quasi fatti e non ci sarà un finale epico come quello del campionato scorso. Parallelamente, quest’anno non si è fatto altro che parlare della crisi del calcio inglese, visto che in Europa incredibilmente nessun club di Premier è ancora in corsa. Sono così cominciate speculazioni di carattere puramente economico: Real, Barça e Bayern hanno monopolizzato la scena con i propri investimenti milionari. È una tesi che fa il paio con le lamentele di Conte quando lo scorso anno accusava i dirigenti della Juventus di voler entrare in un ristorante di lusso con dieci euro. Eppure due finaliste su quattro degli ultimi due anni in Champions non appartengono alle tre sopra citate, e non sono squadre inglesi, vale a dire Borussia Dortmund e Atletico Madrid.  Dire comunque che la Premier sia meno attraente per i giocatori e che gli investimenti siano calati è fuori luogo. Perché allora un crollo di questo tipo in Europa? E perché invece il grande successo delle italiane, che fino a pochi mesi fa i commentatori davano per tagliate fuori per anni dalle lotte europee a causa della mancanza dei fondi di cui dispongono invece le superpotenze estere?

In altri tempi, in ambito marxista, questa tesi sarebbe stata tacciata di “economicismo”. Ciò stava a significare che i rapporti economici erano l’unica cosa che importava comprendere per analizzare i mutamenti sociali, in base alla concezione di struttura e sovrastruttura. Dato che la struttura sono appunto i rapporti economici e la sovrastruttura tutto il resto (cultura, informazione, modo di pensare), possiamo benissimo accostare questa critica anche al calcio. Pensare che in una partita di calcio vince sempre chi è più ricco (per quanto probabile) è “economicista” e non tiene conto di molte altre variabili. Il campionato inglese, il più ricco di tutti per sponsor e visibilità, quest’anno ha completamente fallito in Europa. Allora bisogna provare a spiegare questo fallimento anche con ragioni altre da quella economica. Da un lato scorgiamo quindi ragioni tecniche e tattiche: il modo di giocare si evolve con il passare del tempo e, sebbene anche nel calcio via sia una tendenza hipster a risignificare vecchi sistemi di gioco, è pur vero che lo spirito del tempo non si ferma mai nello stesso luogo. Allora le squadre prima in difficoltà adattano il proprio gioco alla necessità di riemergere (esempio perfetto il cambio radicale in Europa tra la Juve di Conte e quella di Allegri, nonostante i giocatori e gli investimenti siano più o meno gli stessi, o del Monaco che si preoccupa di segnare più gol possibile all’Emirates). In secondo luogo se in altri campionati non è stato possibile ingaggiare giocatori top già affermati, si è puntato su altre forme di investimento che spesso hanno poi dato risultati migliori.

Gerrard

Dall’altro lato non possiamo notare come la statistica sopra citata di Liverpool e United coincida con il crollo delle inglesi: sebbene in questi anni siamo abituati a considerare Arsenal, Chelsea, City e Tottenham grandi potenze sul piano economico, storicamente le due squadre a giocarsi poi i trofei in Europa sono sempre state le altre due (oltre alle meteore che il calcio inglese era in grado di produrre). Certo nel caso di Arsenal e Chelsea non si può dire che siano squadre che non raggiungono risultati in Europa (nonostante la squadra di Wenger manchi il titolo da molto tempo, è sempre presente alle fasi finali della Champions League): ma la continuità di rendimento non è la stessa. Quella volpe di Mourinho, l’anno passato, ha scaricato tutta la pressione della squadra in Liverpool – Chelsea del famoso scivolone, che cadeva giusto tra le due semifinali con l’Atletico. Captata la possibilità di uscire dalla Champions, salvò una stagione senza titoli rovinando la festa dei Reds, per poi crollare in casa con il Madrid. Il City, probabilmente la squadra che ha investito di più negli ultimi anni, ha sempre ottenuto in Europa risultati modesti da quando sono arrivati i grandi magnati, contrariamente alla veloce ascesa del Chelsea. Ma detto questo, la corrispondenza è evidente: Liverpool e United sono in un momento di crisi, l’Inghilterra perde pezzi d’impero. È molto probabile, però, che si tratti solamente di una crisi congiunturale.