Atleti di Cristo, in corriera col Don

Atleti di Cristo, in corriera col Don
2 Aprile 2015 Federico Ferrone

SIMBOLICIECHI versione per non vedenti

 

Noi, ragazzi di oggi, noi. Con tutto il mondo davanti a noi
Viviamo nel sogno di poi. Noi, siamo diversi ma tutti uguali.

Abbiam bisogno di un paio d’ali. E stimoli eccezionali.
Puoi farci piangere, ma non puoi farci cedere.

Noi, siamo il fuoco sotto la cenere. Puoi non comprendere.
Qualcuno ci può offendere. Noi, noi sappiamo in cosa credere

Appuntamento alle 7 all’Oratorio. Don Felice è stato categorico ed è meglio non contraddirlo. “Siamo d’accordo con l’autista del bus. Non si aspettano i ritardatari. Il viaggio è lungo” ha detto. Quando fa così è meglio non farlo arrabbiare. D’altronde, come disse una volta ai ragazzi dell’oratorio, “Giuda ha perso il posto in squadra perché era sempre in ritardo agli allenamenti”.
I calciatori di Cristo italiani vivono sparsi per tutta la penisola e, impegnati come sono, è meglio non sprecare le rare occasioni di conoscersi meglio, come questa gita. Ogni tanto, quando Don Felice organizza queste scampagnate, all’appuntamento si presentano anche tifosi e giornalisti. Il Don non si scompone. Nella casa di Gesù c’è posto per tutti, e anche nel bus. Basta che non chiedano di scendere al primo autogrill se non trovano a bordo stelle come Kakà, Cavani o Radamel Falcao. I tre sono effettivamente atleti di cristo e attaccanti moderni, aggiunge, sempre pronti a dare una mano a casa, in difesa e in chiesa. Ma purtroppo vivono all’estero, raramente possono unirsi alla brigata.
In bus l’atmosfera è festosa, e non potrebbe essere altrimenti. I calciatori di casa nostra che scoprono Gesù e a lui dedicano la propria vita sono una famiglia in continua espansione.  Sempre col Libro in mano, giovani ma con la testa sulle spalle, alcuni dal passato turbolento ma tutti con le idee chiare. Sono ragazzi d’oggi, ragazzi di Cristo. Sotto la casacca della loro squadra ne hanno sempre una per Gesù. Fosse per loro la mostrerebbero a ogni partita, dopo ogni gol. Peccato che molti siano difensori e che la Federazione abbia deciso di proibire l’esposizione di scritte sotto la maglietta. I calciatori di cristo non sono d’accordo, ma accettano le decisione. Sono tutti nati da famiglie italiane normali, cattoliche. Ci tengono a sottolinearlo e a non usare il termine conversione.  Preferiscono parlare di testimonianza oppure raccontare che hanno scoperto, o magari “conosciuto”, Gesù.

Tutto comincia all’inizio degli anni duemila, grazie soprattutto alla testimonianza di alcuni colleghi venuti dal Sud America. Come Marco Aurelio, arrivato al Vicenza di Luiso e Comandini e che in Italia ha concluso la carriera nel 2006, rimanendovi poi per diffondere la parola.

All’ inizio sembravo un maiale che si è fatto la doccia e non vedeva l’ora di ritornare al fango – racconta – ma piano piano mi sono reso conto che potevo vivere senza il fango (peccato in generale); posso peccare e chiedere perdono al Signore, ma non vivere nel peccato”.

Inquietudine, superficialità, brama di denaro facile, successo e donne. Questi i mali che, nel racconto di molti atleti di cristo, segnavano la loro “vita precedente”. Spesso nervosi, anche violenti in campo, vivevano nell’ignoranza e soffrivano nell’ombra. La testimonianza di Alessandro Mancini della Pro Tirino calcio, poco più che 20 anni, è illuminante:

Una sera, dopo un litigio, chiuso nella mia cameretta gridai a Dio dicendogli: “Se esisti fa qualcosa! Aiutami! Io sto morendo!” Circa un mese dopo, passeggiando un pomeriggio per il centro, vedo esposta da un’edicola la locandina del libro di Nicola Legrottaglie – “Ho fatto una promessa”. Stranamente, visto che non sono mai stato un grande lettore, ne vengo colpito e dopo esser stato fermo 5 minuti a fissare quella locandina e sentire una voce dentro di me che diceva di comprarlo, lo acquisto. Leggendolo noto come la sua vecchia vita era similissima alla mia del momento, e Dio tramite quel libro inizia dolcemente a parlare al mio cuore”.

AS Livorno Calcio v Juventus FC - Serie A

Gìà, Legrottaglie o meglio compagno Nicola, come lo chiamano tutti qui. Sul bus è seduto accanto a Don Felice. Gli occhi azzurro paradiso sempre spalancati, con lo sguardo di chi conosce il vero. Non dice una parola, si limita a sorridere e scuotere leggermente il capo in segno di assenso. Tutti cercano in lui un’approvazione o una parola di conforto. Nicola torna nei racconti di tanti. Come quello di Ciro Capuano, difensore del Catania che se lo vide arrivare in gruppo nel 2011:

All’inizio non lo considerai molto. Poi cominciammo a parlare e a confrontarci su diversi temi. Il nostro dialogo diventò costante, finché una sera, di ritorno da Bergamo dopo una partita, mentre guidavo in autostrada, sentii la mia chiamata. Mandai un sms a Nicola: “Ho bisogno di dare la mia vita al Signore”.

È così è stato. I due hanno formato, seppur per breve tempo, il primo reparto di centrali difensivi di Cristo in Italia. Poi Nicola ha appeso le scarpe al chiodo per dedicarsi anima e corpo al suo ruolo di divulgatore cristiano. Non crediamo che rimpianga la carriera ad alti livelli. L’idea che l’attivismo religioso possa essere una consolazione per la fine dell’agonismo ad alto livello è un’idea falsa, che molti giudicherebbero offensiva. Come probabilmente fratello Gaetano D’Agostino, passato dal trasferimento quasi sicuro al Real Madrid nell’estate del 2010, dove avrebbe conteso il posto a Xabi Alonso, alla militanza odierna nel Benevento in Lega Pro, una scelta di vita legata anche alla scoperta della dimensione della fede:

Ci fu un momento, da non credente, in cui mi ero affidato ai maghi, ai cartomanti e all’oroscopo. Quando mia figlia, di tre anni, mi domanda: “Papà, dov’è Gesù?”, Io le rispondo: “Nel cuoricino”. 

Quasi tutti concordano sul fatto che la fede li ha aiutati anche sul campo da calcio, rendendoli più lucidi, determinati, generosi oltre che più disciplinati. Un esempio su tutti, il difensore Giuseppe Granito dell’Union Villa Cassano Calcio:

Anche sul campo si è visto il mio cambiamento. Infatti al mio primo anno in Basilicata, in 34 partite da difensore centrale, non ho preso neanche un ammonizione, a testimonianza del fatto che un cristiano si comporta in maniera corretta anche nel mondo del lavoro, (nel mio caso su un campo da calcio)”.

La scoperta di Gesù è l’inizio di una nuova vita di affetti, comunione di spirito e senso morale. Ma anche un’esperienza intensa, fisica, che libera dai demoni del passato. Come nella testimonianza di Nelson Everton de Oliveira, per tutti “Pi”, nato in Brasile e in forza oggi al Carré Chiuppano di calcio a 5:

“Ho sentito il vero amore di Gesù entrare dentro di me. È stata una sensazione che non avevo mai provato prima, le mie gambe tremavano ed io sudavo perché sentivo qualcosa di caldo, di speciale, mi sentivo riempito di energia”.

Oggi Don Felice è stato silenzioso per un po’. Chi lo conosce sa cosa significa. Tra poco si alzerà, dirà che è finito il tempo delle chiacchiere e che c’è tanto da fare. Il ripasso dei temi tattici, la discussione collettiva su quelli etici, la lettura del Libro e almeno un paio di canzoni da eseguire insieme per cementare il gruppo. L’ordine non importa, basta che si faccia così, esclama col suo tono brusco, contadino, di palude ferrarese. E così accade. Qualcuno prende la chitarra e i calciatori di Cristo cominciano a cantare “Noi” di Luis Miguel. Anche compagno Nicola. Nessuno si preoccupa più della posizione in classifica della propria squadra, dei programmi della giornata e tantomeno della strada. Come dice Elvis Abbruscato, già bomber di Torino, Chievo e molte altre:

“Accettare Gesù significa passare dalle tenebre alla luce. Ho abbandonato il mio “ego” e mi sono detto: “Ora faccio guidare la macchina della mia vita a Lui”.”

Là davanti, l’autista pensa che la melodia sia orecchiabile. Non conosceva la canzone anche se gli ricorda i ritmi della sua adolescenza. Battisti? No, non sembra Battisti. Verrebbe quasi voglia di unirsi a loro, sono ragazzi simpatici. Ma c’è da guidare questo maledetto autobus. E lui è stanco, davvero stanco, stanotte il bimbo lo ha fatto impazzire, maledetta rosolìa. Avrebbe così bisogno di un caffè. Speriamo che il prossimo autogrill arrivi presto. Speriamo davvero.

Le citazioni tra virgolette sono tratte dal sito www.atletidicristo.org